Silvio Berlusconi e il suo esordio nell’edilizia. Tutto iniziò con l’incontro con il costruttore Pietro Canali, al quale propose la sua prima attività – la costruzione delle prime case dei Cantieri Riuniti Milanesi. Il costruttore mise a disposizione di questo giovane il 10% delle azioni, non più del 15% della società. Eppure, Silvio Berlusconi voleva e ottenne il 50%Nella vita dell’imprenditore Silvio Berlusconi – ora che è morto a ottantasei anni all’ospedale San Raffaele di Milano – le trattative sono sempre state una caratteristica importante. Ha parlato più volte di sé come di un imprenditore. Ha costruito palazzi, ha costruito due città, ha cambiato il modo di creare la televisione e di raccogliere la pubblicità. Il modo in cui la vedeva nel suo tempo negli Stati Uniti. Fu il primo a suggerire che telefoni, reti e contenuti potessero fondersi in un’unica realtà quando propose la fusione della sua società Fininvest con la società statale Stet, che sarebbe poi diventata Tim. Con incroci molto vicini a lui con il mondo oscuro della mafia e con i sospetti sui clienti di Banca Rasini e sul caso P2. Fino al suo pensionamento nel 1994. Eppure, se ci soffermiamo su ciò che ha fatto per l’economia, la sua storia racconta di intuizioni, a volte anche spericolate, che hanno cambiato molto per gli affari, compresi quelli del made in Italy. Nella biografia “Una storia italiana”, pubblicata nel 2001 da Forza Italia, si legge che quando un imprenditore, Berlusconi, entra in un nuovo settore, tutti gli attori di quel settore lo guardano con cautela, e molti sorridono. Quando sono entrato nel settore delle costruzioni e ho costruito case, asili, scuole, chiese, impianti sportivi e centri ricreativi, mi sono occupato della qualità della vita dei residenti e del loro ambiente, e ho piantato alberi a centinaia, i vecchi costruttori hanno fatto questa previsione: “Questo non durerà a lungo, il poveretto andrà in bancarotta!”.
Quando arrivò in televisione, tutti cominciarono a dire: come poteva un uomo che veniva dall’edilizia darsi alle grandi notizie, pensando di poter competere con Mondadori, Rizzoli e Rusconi? E tutti ridevano di lui!”. Del resto, i colossi Rusconi, Mondadori e Rizzoli, le storiche famiglie editoriali, erano in difficoltà con la televisione. La televisione diventa un partner nella crescita delle aziende che vogliono raggiungere il grande pubblico.
Uno studente nato nel 1936, che subito dopo la laurea decise di iniziare a lavorare come costruttore, decise che per vendere case a Milano, che si stava trasformando da città industriale a città europea dei servizi, era meglio mostrare ai potenziali clienti già arredate. Quando realizzò il progetto Milano 2, decise che era meglio avere strade per pedoni, auto e biciclette. Poi l’idea di offrire la TV via cavo ai residenti, in modo che potessero seguire i figli che andavano a scuola o a messa. E da lì, il grande salto alla televisione. Gli spot pubblicitari e la fine del monopolio RAI nel mondo, che all’epoca era un monopolio RAI. Era l’Italia. Una nuova parola entra nel lessico degli italiani: spot. L’idea era quella di aprire questo potente mezzo di comunicazione a tutte le imprese, comprese quelle piccole e medie.
Secondo il contratto, si investono duecento milioni, che in realtà diventano cinquanta, e il pagamento di questa parte sarà commisurato al tasso di crescita del fatturato. Quindi da 12 miliardi iniziali si passerà a 200 miliardi. In tre anni. Poi arriva la sentenza di apertura della Corte Costituzionale, il giudice che ferma tutto, il decreto del Presidente del Consiglio Bettino Craxi, che segna una svolta per la televisione. Ed è inutile dire che tutto è iniziato con una finta diretta. Tutto veniva registrato il giovedì e trasmesso in contemporanea in tutte le case d’Italia attraverso la tv, in modo che gli inserzionisti potessero contare su un pubblico molto più vasto. L’incontro con Galliani, il re, è ricordato così. C’era un accordo con tutte le televisioni locali dell’epoca, e da un giorno all’altro i contratti furono annullati perché la tecnologia di ritrasmissione dell’elettronica industriale era considerata il futuro.
Meglio pagare una perdita una volta che perdere l’opportunità di un significativo progresso tecnologico, ragionava Cavaliere.
Mattoni e malta, ovunque sia necessario convincere un pubblico a comprare qualcosa. Era il 1988 quando la Casa degli Italiani, Standa, di proprietà della Montedison, fu acquistata per mille miliardi. Nell’album di famiglia si può vedere una vecchia foto in bianco e nero del Presidente Giovanni Leone che conferisce a Silvio Berlusconi il titolo di Cavaliere del Lavoro. Era il 1977, aveva quarantuno anni.
La nascita di Mediaset Television inizia con Telemilano, che a un certo punto diventa più difficile; in Francia, Cinq va in crisi, ma l’espansione per Fininvest arriva in Spagna con Telecinco e in Germania. L’indebitamento è cresciuto così tanto che è diventata una questione di sopravvivenza, e allora c’è stato un progetto di quotazione in borsa delle attività televisive, e un manager come Franco Tatò è entrato nel gruppo. Nasce così quella che oggi conosciamo come Mediaset, che dopo la riorganizzazione si chiama Mediaset per l’Europa. Un episodio è forse il più significativo: il grande banchiere Enrico Cuccia, nei giorni della decisione della quotazione, dopo aver incontrato il Cavaliere, disse: “Le cifre di Berlusconi non sono reali, ma virtuali. Quanto vale un’antenna? L’antenna non è una ciminiera, non c’è nessun impianto sotto”. Un incontro con un altro imprenditore, Ennio Doris di Tombolo, nel profondo Veneto. Il primo e unico investimento in cui Cavalieri avrebbe collaborato con un altro imprenditore come lui, in Programma Italia e poi in Mediolanum. E poi, nell’aprile del 2001, un passo che sembrava una svolta: per la prima volta varcò la soglia di Mediobanca, allora considerata il salotto del capitalismo italiano, che aveva sempre percepito questo imprenditore come veloce, troppo veloce. Vedeva la sua crescita ma fatica ad accettarla. In seguito, con gli investimenti diretti, per molti anni, Fininvest sarebbe stata uno dei perni di Mediobanca, fino alla vendita della quota.