Oggi analizzeremo una vera e propria rarità. Una caffettiera che tutti i collezionisti vorrebbero avere e che cercano disperatamente nei mercatini dell’usato. 

Ho avuto la fortuna di poter pulire e restaurare questa caffettiera.  

Dunque, stiamo parlando di “un recipiente con una superficie sfaccettata particolarmente adatta a preparare e servire il caffè”, una caratteristica rivoluzionaria per quegli anni. Quando tutte le caffettiere in alluminio dell’epoca erano realizzate per pressatura, questa fu la prima ad essere realizzata per fusione, il che rese l’apparecchio più robusto e durevole ed evitò che la caldaia “saltasse”. 

Il collegamento a vite tra la caldaia e la caffettiera superiore era già stato brevettato da Giovanni Vecchio di Milano, brevetto 309250 del 17.09.1932, quindi non era una novità. 

Iniziamo a vedere di cosa stiamo parlando. 

Molti si porranno le stesse domande che mi sono posto io: Da dove viene questa forma complicata? Ma soprattutto: perché ne esistono così pochi? Cercherò di dare una risposta… Tecnicamente, la sfida più grande è stata la realizzazione di uno stampo particolare, un “guscio” di ghisa. In questo caso, doveva essere ancora più complicato perché il recipiente, come si può vedere, si espande e poi si contrae di nuovo. Il costo di uno stampo di questo tipo era molto elevato e per realizzarlo era necessaria una grande abilità. Poche fonderie erano in grado di realizzarlo. 

La forma spigolosa, a mio avviso, ha origine nella famosa serie Ottagonale di Alessi del 1935, anch’essa ispirata alle forme dei tavolini da caffè che erano popolari nelle case della ricca borghesia. 

La foto qui sotto mostra l’esatta conformazione della base che entra nel pouff. 

Mesi, anni e poi, finalmente, il sogno si è avverato! Una produzione che, per quanto forzata, non poteva superare i dieci pezzi al giorno.  

Questo spiega la difficoltà di reperimento: una produzione minima (improbabili i 70.000 esemplari dichiarati da Renato Bialetti nel 1967) a fronte di circa otto documenti sparsi in varie collezioni europee (più una in Giappone). 

Di solito le tazze sono tre e questa ne ha sei. 

Quindi c’erano almeno due stampi! 

A destra, una moka a tre tazze del 1949; si nota la differenza di altezza. 

Un altro aspetto che rende questa caffettiera incredibilmente interessante è che questa è la prima volta che ho avuto la fortuna di toccare il filtro moderno originale, il controfiltro e l’imbuto. Purtroppo, i filtri sono stati sostituiti con altri più moderni in altre macchine già pubblicate su questo blog. 

L’irregolarità dei fori mi fa pensare a qualche pressa a più perni o addirittura che siano stati fatti “uno per uno” con un apparecchio e un trapano. Il filtro e il controfiletto erano realizzati secondo gli standard “poveri” dell’epoca, cioè in lamiera di ferro nichelata. Le caffettiere di buona qualità, invece, erano dotate di filtri in ottone nichelato. La differenza di gusto è notevole. 

Per quanto riguarda l’imbuto, invece, si tratta di un oggetto realizzato in lamiera di ferro. Sono ben visibili anche le scanalature lasciate dall’utensile di legno necessario per modellare lo stampo. 

Il camino non è avvitato come in altre caffettiere simili. 

L’estremità del camino ha la forma di una mezza tazza leggermente ovoidale con quattro uscite disposte a croce.  

Il tappo mantiene una forma ottagonale e il manico in legno, dipinto di nero, ripete la forma esagonale. 

Il tappo ha un bordo rotondo che permette di appoggiarlo in modo stabile sulla brocca, e presenta anche sui due lati. 

I lati opposti, ortogonali all’uscita, hanno due “bastoni” che ne bloccano la rotazione.

La forma dell’angolo del coperchio presenta due tratti esterni paralleli, mentre la forma semicircolare al centro è stata lavorata con una lima semicircolare. 

L’impugnatura rappresenta un’evoluzione rispetto a quella a tre tazze: l’elegantissima micro-impugnatura in legno era, infatti, priva di qualsiasi logica e praticità. Le ustioni alle dita nell’impugnare il manico erano inevitabili a ogni fuoriuscita di caffè. In questo caso, il manico, avvitato al corpo della caffettiera, aumenta di dimensioni e le due scanalature consentono una presa più efficace sulla caffettiera. 

L’interno della caffettiera presenta segni di fusione: “Cosa darei per vederla di persona!”.